Revista Internacional de Poesía: "Poesía de Rosario" Nº 21
  Davide Agnani
 

 
Davide Agnani , poeta e critico, è nato il 4 giugno 1939 a S. Maria Nuova di Bertinoro (FC). Dal 1953 vive e lavora a Forlì.Opere pubblicate: Poesia: Ogni canto è finito (Todariana, Milano 1972), La città mugolante (Presentazione di Giorgio Bárberi Squarotti, Ed. Forum, Forlì 1975), Nulla su tutto meno uno - ricerca sulla scrittura murale - in collaborazione con Erio Sughi (MDM, Forlì 1978), I lager fra noi (in proprio 1978), Passante (Nuovo Ruolo, Forlì 1987), La casa delle parole (Presentazione di Roberto Roversi, Ed. Ellemme, Roma 1988), La festa degli alberi in collaborazione con Daniela Palmas (Ed. Pagine Lepine, Frosinone 1997); Stari Most (presentazione di Maurizio Pallante, testimonianza di Predrag Matvejevic, illustrazioni di Dinko Glibo; versione in croato (Lucì Zuvela), in tedesco (Francesca de Manzoni) e in inglese (George Peter Russell), 1ª edizione 1998, 2ª edizione 1999, Editore  Campanotto, Udine.

 

 


 

‘MUSA FITTA NELL’AZZURRO’

(1982-1998)

 

            I

           

            gli ori i verdi i rossi i bianchi i neri

            la pianura slarga dietro la coda dei binari

            dal colle al mare non si vede la fine

            sentieri bianchi rettangoli verdi e gialli e

            le case crepate di me bambino

            le corse la caccia ai nidi i pianti

            sassi neri fra le rotaie immobili

            e ora corro a sud fra la nebbiolina a fumo-azzurro

            la pianura distesa fra le querce e i canali

            i fiumi e il mare i sassi e i roseti

            il treno porta fra le acque del labirinto

            come la corsa di un globulo nelle vene

            e vedo la collina venire in-contro

            di qua i solchi che dividono l’occhio dal vetro

            in un viaggio senza fine arrotolati – ma dove? –

            ma dove ogni cosa resta al suo posto

            e scendo nei calanchi spinto dal vento

            scivolando in discese dove la pianura

            si chiude a imbuto e il sole taglia gli occhi

           

            finisce il cielo dopo il Marecchia

            e si riapre come Foglia subito dopo

            verso Pesaro ai colori del sol levante

            che a Urbino ingraziò il Raffaello

           

            restano occhi gialli di sole

            dentro i ghiacciai del cuore

            si sono dispersi anche i rimpianti

           

            nacqui al sole della falce e della pietra

           per tre volte il sole ho chiamato –

            in riva al mare imparai l’arte del disinnesco

            quando allora le granate sorgevano dalla sabbia

            e le conchiglie scivolavano fra fazzoletti

            di carta fionde e temperini – solo al sole -

           

            ora ho voglia di piangere sulla terra secca dei miei occhi

           

            sulla sabbia un segno dov’è stato il corpo

           

            e ripenso alla riga del tuo volto invisibile

            il foro della bocca che cala giù e non si vede il fondo

           

            Non te lo ricordi più il rifugio scavato in cantina

            per ripararci dalle schegge – squarcio improvviso del tempo –

            ho qui dentro di me il bengala nel buio

            ora che all’ombra di Palazzo Ducale dilunghiamo il chiacchierio

            dicendo la piega antica di un sogno cinquecentesco

            mentre un guizzo agli occhi ti porta la memoria sul treno

            o al suono di un’aria di cavalieri e di dame

            in una partita a scacchi ho colto il segno perdente

            riandando la vita sulla pietra colorata dall’acqua del mare

            mentre a grandi passi i piedi ribattono la battigia

           

           

            II

           

            cammino a moscacieca lungo le sponde del tunnel

            qui la farfalla sventola ali agli intrecci degli angoli

            s’incunea il rettile nei labirinti del sottosuolo

            resta inesplorato il fondo che non coglie il sole

            e non penetra l’arsura nei gangli del desiderio

            il muro si fa spesso al balenio dell’accidia e

            dell’invidia 

            lo scandire del cuculo non toglie nulla alla civetta

            ciò che trasforma è dentro la polvere e tu – musa –

            cerchi sui campi del mare ciò che non è.

            Il corpo non penetra la zolla che  ci costruisce

            e allora la luce traspare azzurra e sparisce

            il crinale diventa piano – roccia si sfalda –

            né la scheggia sfugge a ripetute blandizie.

           

            La pagliuzza bianca del pensiero è rimasta

            dentro la terra nelle tasche della giacca

            sotto le radici del leccio nel concavo della zolla

            l’unghia incagliata nel fossile dei millenni si

                                                                                   disperde

            e fra le ossa e la fila dei denti

            anche l’odore della salsedine è volato via

            dove corrono solo i ragni

            al delta mi fermo accarezzando i detriti limacciosi

            la mano slargando sul fondo ovale della pancia

            e sulla sponda arcuata mi rigiro fra le tue cosce

            vedo la gola gonfiarsi nell’acqua che sgorga alla foce

            e il respiro alto della sera nasconde l’involucro dei              

                                                                                   corpi

            vado in barca liscio

            come se tutto il tuo corpo nuotasse sotto la chiglia

           

            III

           

            camminavo sulle pietre colorate della spiaggia

            il lucore dell’arcobaleno dove abbagli l’occhio

            cercavo le dune dove la sabbia si trasforma

            e lo specchio del mare si fa intorno ventre

                                                                                   ventriloquo

            scoprendo il corpo nel granello che dondola sulla    

                                                                                   foglia di gramigna

            baciarti è entrare nella vastità della notte

            edulcorati i silenzi piano l’agire del sangue

            sento la frescura delle corse nelle sere di me

                                                                                   bambino

            sotto i filari agli angoli gli olmi le siepi e la riva

                                                                                   del fiume

           

            e ora vado per le strade lunghe – lunghe come

                                                                                   fiumi -

 

           

°

il vento entra

dentro la gonna

gonfiando la pelle

fra le cosce

 

i petali volano via

(1981)

 

°

corpo poesia

 

 

un sassolino rotolante sul greto

levigato da acque propizie

corpo pietra preziosa

conchiglia margherita fior di croco

(1981)

 

 

°

 

DO RE  SI  LVIA

LI

SCIA   AL   MURO

 

XELLE  IA  CIAPI

MATITA ROSSA

CARBONE NERO

 

SBIRCIAN       CREPE SULLA TERRA SECCA

 

LI FAREM FORA A ROM

 

BOYS IN PUNK

 

LOVE IS THE LAST LIGHT SPOKEN.

 

(L’amore è l’ultima luce parlata)

 

da: cerimonia dopo un bombardamento di Dylan Thomas

(primavera 1982)

°

 

la voce m’avvolge tutto

 

(¼¼)

 

come vento stringe case alberi nuvole

 

i garofani delle certose

 

i corpi

 

brezza marina accarezza i volti

gli occhi la bocca i baci delle onde

 

in treno        a ogni stazione

 

tonfo rimorde

 

più lontana

“musa fitta nell’azzurro”

 

così è nuova la voce

 

salpo contento al tempo che morde

(26/12/81)

 

°

una gialla

una rossa

una gialla

una rossa

una gialla

una rosa

una già¼

 

mi basta

 

una

 

è

 

una

 

la

 

rosa

(29/5/82)

 

°°

 

dalla cresta del castagneto

vedo il mare macchia di terra blu

e come golena di calura

qui la ginestra attrae

per l’ondeggiare solitario

in un mare di scogli

cresce gramigna e fior di croco

                                                                                (¼¼)   

come sai

l’accavallarsi di crode

è simile a frequenza di cavalloni

(15/7/82)

 

°°°

camminando sul dorso del tuo corpo

sassi e farfalle lambiscono fossati

e io a ricordarmi della frastagliata infanzia

il bosco cede alla foresta

e siamo vicini alla trappola dei topi

se il vento è nebbia di veleno

se le parole hanno il senso

che non vogliamo

(15/7/82)

 

°

pace nella calura

soltanto i fringuelli cantano

il vento si ferma ai pioppeti

un girasole secco in cima al fianco

dalla cima della collina a guardare

 

la tua assenza si posa qui

negli anfratti e dietro le siepi

le civette borbottano minacce

alle lucertole nelle crepe

la tua presenza (¼¼) è calda

nella terra e nella pelle

(16/7/82)

 

°

che vuoi che ti dica.

 

oggi è giorno di calura

le lucertole saltano sulla strada

l’aria non regge   

(¼¼)

sui campi gialli volano miraggi

il cielo è azzurro come un ricordo

ho solo poche cose da dire

/il mare fermo/ una vela che va

biancheggiando sul corpo dell’acqua

/ m’è sfuggita una parola e l’ho inseguita

/ e la rincorsa è finita lì

alla siepe della spiaggia

 

ho solo poche cose da dire

/la bocca del fiume protesa al largo

/ti voglio bene/

la nave risalpa per kalinin

grado a grado il mare entra

nel fiume della siccità

e rimangia spazi lasciati liberi

 

che vuoi che ti dica!

 

Ti penso lungo il percorso rituale

di ogni giorno nell’insidia degli anfratti

/la terra secca ha crepe d’ombra

e la cima dell’albero maestro

segna sulla riga del cielo i secondi

 

io

non penso più a nulla

(22-24 luglio ’82)

°

(adolescente)

 

qui seduto dove il mare

inizia o finisce

il mio corpo nudo aspetta

la nave

riemergere dall’arsura

bianco il cielo al sole

 

ho gli occhi bagnati di sale

il mitile rosso s’allunga attecchito

se la vulva s’apre nella spuma¼

 

il sole cade in un bicchiere

le mani frugano dentro la sabbia

(4/8/82)

 

 

°°°°

(¼¼)

 

c’è la luna piena

la foresta degli ombrelloni

e il mormorio delle onde

 

la sabbia umida s’attorciglia ai piedi

le mani toccano la brezza

al buio sento gli umori della carne

 

il pipistrello della notte

percorre i sentieri del cielo

e la mia bramosia si confonde

alle chele del granchio

o alle spire della medusa

 

sono qui con la tua realtà

negli occhi

la luna il mare

venere

la barca all’ormeggio

 

il deserto che mi separa

(8/8/82)

 

°

 

oggi il cielo è alto

(¼¼)

e il mare illumina azzurro

la linea dell’infinito

e forse alla stessa ora

i nostri corpi in fluido mare

restano a galla i pensieri

di un volo di gabbiani

e l’ombra della nave

sulle pietre del porto

 

ti amo non ti amo ti amo non

penso al suono della sirena

e il porto è già più lontano

ho sete e bevo nel sole

c’è luce chiara

come l’isola del faro

è calda la carne

e la casa dei miei pensieri

che abiti senza sosta

 

strappa gocce alle onde

il vento in alto mare e la riva

è una riga grigia metallo

 

quando farò scalo e ti stringerò

fra le mani

non avrò più nulla da dire

(10/8/82)

 

°

in  barca la brezza mi accarezza

la pelle¼

 

ho avuto un brivido

come se la tua mano

fosse lì riposata sul collo

ho goduto il sogno di una cosa

ed ero già lontano dalla riva

(10/8/82)

 

°

chiappole e caccole

e sabbia bagnata

sotto i piedi arsi

 

carraie di mota

stelle filanti

saltano alghe silvie

 

il mare è in amore

 

e sono geloso

(15/8/82)

 

°

ho visto il tuo nome

(¼¼)

 a intarsi fondi

sulla corteccia del platano

in cima al viale

 

io sono qui – solo – con la neve.

 

sulla corteccia

dai gelsi

sento

odore

di carne

                                                                         (inverno ’82)

 

°

occhi alle porte del mare

mani tastiera del vento

 

carne esile alla piuma dei gabbiani

 

labbra muovono lente

all’apertura di parole

 

e dici come       ti piace

°

(cieco colore)

 

Se il vento non ha dove appigliarsi

e le mani toccano foglie gialle e rosse

io me ne vado nel mese di novembre

con la malavoglia del colore

e colgo il blu notte degli occhi

 

ma se vuoi guardare il mare

oltre l’autunno c’è l’azzurro del cielo

ma non posso dirtelo a premessa

Vedi? c’è sempre un battito di cuore

tra un’onda e l’altra

o un colpo di vento in più

fra l’accavallarsi di colline

e il riverbero là in fondo alla pineta

o lì, oltre i vetri appannati della stanza

(prove 1982-83)

 

 

COME I PROFUMI DELLA NOTTE

 

Ti voglio bene

e ti cerco per le strade

nella memoria

a occhi allegri

e la bocca sorridente

raccogliere in una mano

i tuoi desideri

le pietre colorate del fiume

i pensieri dimessi e timidi

vorremmo avere nelle tasche del cuore

io e la notte

(1982)

 

(frammento)

Vorrei che l’anima si aprisse vasta

e nella calura delle sere s’aspettasse il giorno

sotto il segnale di tempeste vorrei resistesse desta

e uscire dallo sbando del tempo.

 

Tutto ti pensa, tu dici, a bassa voce,

ma non basta. Osare bisogna¼

 

¼¼

se non ti trovo viva nel sasso o tra la schiuma

ma la vita è un’inezia che sta fissa al nostro cervello

e scorre lento

¼¼.¼.

(1982)

II  PARTE

 

 

(settembre-ottobre-novembre1998)

 

Il tempo se ne va agitato al ritorno dell’ombra dei pensieri

ma ora io riprendo il viaggio fra Marecchia e Foglia

nella bruma delle piogge e dell’autunno

rivedo con tutta la gioia gli occhi del cielo

brillare nei prati delle colline e dei boschi

il fiore del radicchio selvatico celeste e verde

il balenare delle parole e del sorriso

sulla tua bocca bianca di neve e rosa la lingua

che parla suoni, immagini e colori del tempo

 

il tempo che non cancella le parole

che lascia il segno come una cicatrice sulla pelle

e ritrovarla è avere ancora la voce piena d’amore

la voglia di prendersi a braccetto ridendo negli occhi

 

io ti sento e ti vedo occhi neri occhi luminosi

vedo brillarti gli occhi punti chiari nei miei

fra il correre del sole sulla piazza del centro

sotto l’Arco d’Augusto in una luce piena d’ottobre

un bacio caldo al caffè fra le dita ariose delle mani

e uno sulla guancia per tessere uniti gli sguardi

 

gli sguardi ritrovati nell’aria chiara dei ponti

fra le pietre antiche di terra rossa dei muri

sotto i piedi che van leggeri a passi di danza

 

io vivo senza di te inselvatichito isolato

ho vissuto la passione di cercarti viva qui davanti

occhi del sole uscendo dal mio guscio negli anni

negli anni furiosamente a vivere

senza che nessuno sappia indugiare

scoprendomi dentro il cuore ora soltanto

a svelare la poesia dei sentimenti e dei sogni

 

ho trascorso questi anni pensandoti

pensavo gli avvenimenti che avvenivano

dietro i nostri pensieri senza saperlo

che la vita germinava andando

 

andavo pensando gli avvenimenti di ogni giorno

lungo le gioie dei minuti e la tristezza del tempo

 

senza vederti senza parlarti è cosa ingrata

non andare in mezzo ai boschi

come andare indifferente lungo la via

la vita che va senza dove

dove il desiderio non è mai fiore

non è mai carne di rivoli e di fianchi

i pendii del paesaggio senza radici

e noi che camminiamo fra mille illusioni

sempre belle per tutti i sogni che hanno donato

ma poi, poi il procedere è sempre è sempre un inganno

inganno amare i fiori, i tramonti, i paesaggi

senza essere fiore tramonto paesaggio carne e ossa

dei miraggi e delle favole delle nostre ansie

 

2

mi ritrovo ora lungo le coste

a guardare fisso i tuoi occhi

 

ti vedo immersa in una tavolozza di farfalle

e le carni delle figure sfumate

in estrema delicatezza dentro drappi avvolti

nella luce variopinta degli arcobaleni

 

come sempre tu hai la naturale beltà

d’infondere l’occhio sorridente

e la bocca piena di gioia

a chi sta nelle ore del tempo a rimirarti

 

davanti alle righe bianche

dei cantieri del tempo

non so mai cosa dire

ma basta girar pagina

e i pensieri volano fra le tue mani

 

3

 

Quando si fa fitta la sera

spalanco le finestre e guardando

le luci della città

penso come brillano i tuoi occhi

 

 

Lo so, è diversa la realtà

dai giorni dell’incanto

ma mi piace

frugarti dentro i miei pensieri

 

mi piace guardarti quando cammini

con i tuoi piedi che volano come

arie di violino

 

 

 

 

 

4

ho trascorso tutto il giorno oggi a pensarti

mentre cercavo mirtilli fra gli anfratti del bosco

e mi sono pesate le nuvole piene d’acqua

qui sulla testa e sulle spalle mentre

con le mani tentavo di accarezzare le foglie

alte sui rami dei tronchi nodosi e docili.

5

Dico perché mi piace parlarti

parlarti del mio tempo e dei miei giorni

dei miei amori delle mie tristezze e dell’amaro sale

perché oggi pensavo che la vita

poteva essere diversa

da come noi la raccontiamo

che i miei figli non mi rassomigliano

nella gioia che mi portano

che tu sei l’alibi dei miei ricordi

delle passioni mancate felice d’essere

di vederti sorridere alla luce

nella penombra dei giorni grigi

o al grigio della sera

sotto i fari di una galleria d’arte

ascoltando per capire

come si fanno i contorni

o come si modellano i corpi

nell’ora in cui i poeti mentono

 

6

 

ho lottato molto

in questi anni duri

ma le cose migliori della vita

devono ancora accadere

 

l’inutile tempo non ha pazienza

ma

ascolto con gioia

la tua voce serena

intanto

(30/12/98)

7

 

volevo ascoltare la tua voce

anche questa sera

scrosciare come acqua chiara

sulla roccia

 

e allora ho segnato

le sillabe dei suoni

sulle note numerate della tastiera

/31/12/98)

8

 

il verde cambia

di stagione in stagione

d’ora in ora il giallo

e il rosso nei riflessi

dell’acqua il sole

nascosto dietro le foglie

immagino i nostri occhi

luccicanti nei bagliori

di una sfida di raggi

chiari e penetranti

 

9

 

ascolto sempre volentieri la tua voce

i suoni del vento

e i suoni del mare

quando m’allontanavo sul treno

li pensavo sparpagliati fra i tuoi capelli

 

ci incontreremo ancora

a passeggiate piene di poesia

sulla tua bocca così sonora

e tenera

 

ti ho sempre pensata

nei miei ricordi più belli

di tutti questi anni

senza che il tempo

invecchiasse

 

10

 

natale

il cielo pieno di stelle

chiare

come i tuoi occhi

come il candore

dei tuoi denti

qui

dalla mia finestra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

11

 

mi manca la tua voce

al telefono

è viva

quando arriva

come la tua bocca

quando mi guarda

muovendosi parlando

 

 

12

 

sei come la pioggia

che scuote la terra secca,

il torrente che mi ribolle dentro

e mi porta via

verso il viottolo

 

13

 

sera di dicembre cielo terso di stelle

dalla finestra aperta brillano

una a una mute

sto pensando ai tuoi occhi

alle tue labbra

ai capelli e al tuo vestito celeste

dove sei

dove vai

cosa stai facendo

 

squilla il telefono

la tua voce

serena di sera

tengo qui vicina

all’orecchio

senza speranza

ascolto

 

 

14

 

giornata grigia

di nebulose e di brume

come dentro i boschi

 

unico raggio

la tua bocca aperta

sotto gli occhi sempre verdi

disperdono nuvolaglia

 

15

 

guardarti mentre cammini

arrivando dalla strada

larga di luce

 

16

 

vedo oggi la vita tutta briosa e illuminata

agile come un passo di danza

la pelle sottile è chiara

come lo stemma della luna

sul cielo sereno di Pesaro

di notte e di sera

vedo brillarti gli occhi

punti nei miei

fra il correre del sole

sulla piazza del centro

e le dita ariose delle mani

intrecciarsi fra le ariette

delicate e dolci delle parole

sgorgare dentro le fossette

delle labbra sotto il naso ondulato

e lieve come le mandorle

sempreverdi dei campi

 

Nella tua voce di violini e di arpe

sento il gorgoglio dei ruscelli

e del vento fra fronde e rami

nei boschi

nel bosco desolato mi vedo nel sole

dei miei occhi e non so dove sei

non so dove cercarti ora

ora che ho ritrovato

il sentiero in cima al monte

e me ne vado solo a cercarti

 

Poi un sobbalzo e la vita riprende

lieta lietata dalle chiassose risate

delle fragorose donne di Pesaro

sul treno che parte adagio adagio¼

Hanno resuscitato i sentimenti

che portavo dentro il mio silenzio

e guardo gli occhi verdi che mi fissano

della più bella so tutto lo splendore

e la chiamo per nome

ogni volta prendendola per mano.

 

Ora il treno corre veloce

fra gli aridi terreni pugliesi

e ancora non si vede lo splendore dello Jonio

e non so se il vivere sia stato un bene

o sia ancora una merce a rendere

per le glorie sognate

non so se il porto serva per arrivare

o per partire

in mezzo al miraggio azzurro dell’adriatico

mi piacciono le tue parole vive

come ogni angolo di mediterraneo

dipinto sulla cartina geografica

anche se il governo continua

a non dire mai ciò che vuole

io resto a parlare per ascoltare l’eco dei suoni

 

oggi il giorno è finito tutto

in un batter d’occhi

 
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